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Il "Tesoro di Boscoreale"
Clandestinità?

Alcune note al riguardo...

di Andrea de Prisco

In molti interventi o articoli, spesso compiuti o scritti da illustri studiosi (e per i quali, come ovvio, ma anche in segno di rispetto, non fatico a togliermi "tanto di cappello") si parla in termini di "clandestinamente", se non addirittura di "trafugato", riguardo il "Tesoro di Boscoreale", venduto all'estero da Vincenzo de Prisco, legittimo proprietario del terreno nel quale avvenne il fortunato ritrovamento.

Premesso che la cosa, a quanto pare, è a tutt'oggi oggetto di "pareri contrastanti", non comprendo (in nome e per conto della mia ignoranza, sia ben chiaro!!!) come sia ancora possibile, a distanza di oltre un secolo, obiettare addirittura su una sentenza emessa a carico del nostro famoso antenato, riportante il tanto auspicato "non farsi luogo a procedimento penale per inesistenza di reato", non esistendo di fatto prove concrete riguardanti esportazione clandestina. E qualora non bastasse ciò a sedare gli animi dell'epoca (e quelli dei secoli a venire...) gli viene addirittura riconosciuta la possibilità di proseguire i lavori di scavo, nei quali egli non "fece altro che esercitare il suo diritto di proprietà, senza contravvenire minimamente al disposto del Decreto Ferdinandeo".

Calandoci, di contro, in ambito meno protocollare e giudiziale, vorrei portare come testimonianza a favore della nostra rispettabile famiglia, l'articolo di Salvatore di Giacomo - illustre poeta e scrittore napoletano dell'ottocento - all'interno del quale egli riporta, senza batter ciglio, le parole del fratello di Vincenzo, l'avvocato Pietro de Prisco, che in quel periodo lo ospitava presso la sua casa in Boscoreale (NA) della quale è stato anche Sindaco.

Lì il nostro antenato ricorda al di Giacomo di come le leggi di diritto privato in vigore a quel tempo, per quanto - cito testualmente - "stravaganti per non dire immorali" garantissero al proprietario di un fondo ogni diritto dalla superficie stessa fino al centro della terra.

Vincenzo de Prisco, prima di offrire il "suo" tesoro all'estero, come noto e ampiamente dimostrato, compì gli atti a quel tempo dovuti, ovvero il rispetto del diritto di prelazione da parte dello Stato (Regno d'Italia) che, evidentemente, decise di non esercitare. Pare, addirittura, che l'attuale legislazione in materia sia "frutto" proprio di quella vendita effettuata, fino a prova contraria, nel rispetto delle leggi del tempo.

Successivamente Vincenzo de Prisco diventò addirittura deputato (per due legislature) potendosi fregiare del titolo di Onorevole. Se fosse stato, come alcuni sostengono, un trafugatore o, peggio, un esportatore clandestino avrebbe avuto - mi chiedo - vita pubblica facile? No di sicuro, né - altrettanto ovviamente - la possibilità di venir eletto alla Camera per ben due volte di seguito...

Ora i "posteri" siamo anche noi, e se qualcuno cerca di emettere "ardue sentenze" (di colpevolezza), resta a noi il diritto/dovere della difesa.

A tutt'oggi, e la situazione di certo non cambierà, il "Tesoro di Boscoreale" è per buona parte - solo alcuni pezzi appartengono tuttora a collezioni private - ben custodito e ammirabile presso il Museo del Louvre di Parigi, degnamente ospitato accanto ad altri capolavori italiani (prima tra tutti la "Gioconda" di Leonardo da Vinci) per i quali - a quanto pare - non si provoca altrettanto clamore. Certo, il "Tesoro di Boscoreale" se fosse in Italia sarebbe meglio, per tutti, ma la domanda da porsi, benché duplice, è una sola: "perché - e per colpa di chi? - a quell'epoca se lo sono lasciati sfuggire?!?".
 

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